Introduzione Quaderno 40
Le lezioni per la Scuola di Magistero
1894-95
Introduzione a cura di Livia Giacardi
Oltre ai corsi istituzionali Corrado Segre insegnò anche per lungo tempo
(dal 1887-88 al 1891-92 e dal 1907-08 al 1920-21) alla Scuola di Magistero
annessa alla Facoltà di Scienze dell'Università di Torino, divenendone
direttore nell'ultimo triennio.
Le Scuole di Magistero erano state istituite dal ministro Ruggero Bonghi
(R.D. dell'11 ottobre 1875) per rispondere all'esigenza di formare i futuri
insegnanti e di garantire in tal modo un più alto livello della scuola
secondaria e sopravviveranno con successive modifiche fino al 1920 quando
ne sarà decretata la soppressione. La
storia di questa istituzione è particolarmente travagliata ed è caratterizzata
da un elevato numero di decreti, fra i quali è da segnalare quello del
1891 firmato dal ministro Pasquale Villari che apportava alcune importanti
modifiche come l'introduzione di conferenze di didattica generale e del
tirocinio obbligatorio. I corsi di durata triennale consistevano
"in esercitazioni speciali dirette a produrre negli studenti l'attitudine
alla ricerca e alla esposizione originale" (R.D. 1891, art. 32) al fine
di renderli esperti "sui limiti e sui metodi dell'insegnamento delle scienze
nelle scuole secondarie" (art. 33) ed era previsto un tirocinio da svolgere
nella scuola. L'iniziativa si rivelò in molti casi un fallimento soprattutto
perché i docenti erano gli stessi professori dei corsi istituzionali e,
salvo eccezioni, erano impreparati a guidare esercitazioni didattiche
e a impartire un insegnamento di tipo metodologico. Saverio De Dominicis,
docente di pedagogia all'Università di Pavia scriveva al riguardo nel
1882:
"La scuola di magistero dunque in molte facoltà, che pure creano professori, manca; dove trovasi è una semplice illusione, perché non ha scopo a sé e distinto; sempre, anche ad essere ciechi, è incompleta. [...] La scuola di magistero dovrebbe venire dopo gli studi speciali di questa o quella facoltà; dovrebbe essere l'organo della funzione didattica delle università; dovrebbe essere non la scuola di magistero di questa o di quella facoltà, ma la scuola di magistero per l'insegnamento secondario [...] Scuola seria sarebbe questa; scuola che obbligherebbe professori vari a ponderare i problemi pedagogici [...]è la scuola di magistero, non la facoltà, che può fare de' bravi insegnanti: la facoltà ha fatto e farà sempre de' giovani dotti, ma i giovani dotti non sono i professori". (S.F. DE DOMINICIS, Le nostre università e le scuole secondarie, Rivista di filosofia scientifica, II, 1882, pp. 184-185)
Segre affrontò l'insegnamento presso la Scuola di Magistero con l'impegno e la cura che poneva nella preparazione di tutti i suoi corsi universitari, come traspare, oltre che da alcuni manoscritti conservati ad Ancona e dai documenti dell'Archivio Storico dell'Università di Torino (ASUT), anche dai due quaderni Vedute superiori sulla geometria elementare (1916-17) (Quaderno 30) e [Appunti relativi alle lezioni tenute per la Scuola di Magistero]. Il primo, pur non essendo espressamente rivolto a questo tipo di corsi, sviluppa, con attenzione al punto di vista storico, temi di geometria elementare che possono rivestire un particolare interesse per il futuro insegnante. Il secondo invece è dedicato soprattutto a questioni metodologiche. Qui Segre partendo da alcune considerazioni sulla natura della matematica, sugli scopi dell'insegnamento, sull'importanza dell'intuizione e sul rigore, fornisce ai futuri insegnanti preziosi suggerimenti scaturiti, da un lato, dalla sua esperienza e strettamente legati al suo modo peculiare di fare ricerca e, dall'altro, frutto di un'attenta disamina delle problematiche didattiche che andavano dibattendosi all'epoca nei vari paesi europei.
Segre intendeva le sue lezioni come una specie di laboratorio, dove gli studenti erano preparati tenere una lezione, che fosse chiara, documentata e che coinvolgesse l'uditorio. Infatti, attenendosi scrupolosamente alle direttive del decreto ministeriale, oltre ad affrontare problemi di tipo metodologico, faceva sviluppare agli allievi questioni di matematica quali problemi di massimi e minimi, divisibilità dei numeri, analisi indeterminata di primo grado, approssimazioni numeriche, equazioni irrazionali, o, ancora, il concetto di dimensione, le costruzioni geometriche mediante la retta ed un cerchio fisso, ecc. e li stimolava a leggere e a commentare alcuni trattati elementari (Registro, Appunti). Secondo Segre due sono i modi di accostarsi alla matematica, o considerarla in relazione alle sue applicazioni oppure dal punto di vista logico. Fra i due è il primo approccio a riscuotere il suo favore, mentre per quanto riguarda il secondo osserva:
"Diciamo subito che questo 2˚ indirizzo ha una grande importanza, anche filosofica. Esso ha messo bene in evidenza che cosa è la matematica pura; ed ha contribuito molto a porre il rigore in varie parti della matematica. Ma, collo staccarsi dalla realtà, vi è il pericolo di finire con costruzioni, che pur essendo logiche, hanno troppa artificiosità, non possono avere importanza scientifica duratura." (pp. 13-14)
Lo scopo della matematica è quello di insegnare "a ragionar bene; a non
contentarsi di parole vacue; a trarre conseguenze dalle premesse, a riflettere
e scoprire da sé; ... a parlare con precisione" (p. 42),
ma nell'insegnamento secondario non va considerata come fine a se stessa.
Essa "deve nascere dal mondo esterno e poi a quello applicarsi" (p. 15).
Il primo approccio alla matematica deve essere, pertanto, sperimentale
e intuitivo, così l'allievo imparerà "non solo a dimostrare le
verità già note, ma anche a fare le scoperte, a risolvere da sé
i problemi" (p. 16).
Presentare alcune applicazioni alle altre scienze, quali la fisica, l'astronomia,
l'economia politica, la matematica finanziaria e la geografia (pp. 41,
42, 119)
può inoltre servire a rendere più accattivante la materia e più motivato
lo studio.
Scopo precipuo dell'insegnamento è dunque per Segre quello di sviluppare
tanto le capacità di ragionamento quanto l'intuizione e non a caso, per
quanto riguarda il metodo da seguire, le sue preferenze vanno a quello
euristico nell'esposizione della materia, a quello analitico
nelle dimostrazioni, a quello genetico nello svolgimento delle
teorie. Il primo, il metodo socratico, permette all'allievo di scoprire
da solo le verità matematiche, il secondo, come dice F. Reidt (Reidt
F. 1906, pp. 41-42) gli consente di entrare nell'officina matematica
e di capire il perché di ogni passo di una dimostrazione, il terzo, sviluppando
una teoria seguendo il modo in cui è venuta formandosi, costituisce un
buon avviamento alla ricerca scientifica. Tuttavia Segre non manca di
sottolineare l'importanza di variare i metodi e soprattutto di sceglierli
in base "all'argomento, la scolaresca e il tempo disponibile"(p. 44).
L'insegnante deve inoltre saper trovare un giusto equilibrio fra rigore
e intuizione. I postulati su cui si basa la trattazione di una teoria
devono essere tutti intuitivi e non è peccare contro il rigore non esigere
che siano indipendenti (p. 17);
non bisogna dimostrare proposizioni che sono intuitivamente evidenti (pp.
20-21);
è utile talvolta, avvertendo però gli studenti, dare abbozzi di dimostrazioni,
piuttosto che dimostrazioni rigorose, ma lunghe e pesanti (p. 25)
D'altro canto occorre anche mettere in evidenza l'insufficienza dell'intuizione
per concepire taluni enti quali, per esempio, una curva senza tangenti
(p. 43). Per quanto
riguarda la geometria, in particolare, fa suo il punto di vista di Vailati,
proponendo un insegnamento di tipo sperimentale operativo (Vailati
1907) che utilizzi come sussidi didattici, la carta millimetrata,
il disegno o ancora modelli di figure geometriche per "vedere certe proprietà
che con il solo ragionamento deduttivo" non si sanno ottenere" (Segre
1891a, p. 54)
Nella sua ampia bibliografia ragionata, Segre non solo
offre un quadro assai articolato sulla letteratura relativa ai problemi
dell'insegnamento della matematica, sui manuali in uso, sui libri di esercizi,
sui testi di matematica dilettevole o di storia della matematica, ma si
mostra anche attento alla legislazione scolastica dei vari paesi, agli
scritti sui fondamenti e a quelli pedagogici. Non di rado aggiunge commenti
personali sui libri o articoli segnalati.
L'impostazione, le citazioni e la bibliografia stessa, mostrano come suo
punto di riferimento siano soprattutto i francesi H. Poincarè, C. A. Laisant,
E. Borel, J. Hadamard e i tedeschi P. Treutlein, M. Simon e F. Klein,
matematici questi impegnati tutti a valorizzare nell'insegnamento secondario
il ruolo dell'intuizione contro un'impostazione che dia troppa importanza
al rigore logico. Sono in particolare gli assunti pedagogici di Klein
che Segre fa propri: colmare la frattura fra insegnamento secondario e
universitario, valorizzare le applicazioni della matematica a tutte le
scienze naturali, introdurre precocemente i concetti di funzione e di
trasformazione, avvalersi dell'aspetto storico della disciplina e catturare
l'interesse dell'allievo presentandogli la materia in modo intuitivo (Klein
F.-Schimmack R. 1907 e F. Klein, 1909, Anhang:
Vom Unterricht in der Geometrie nach seiner Entwicklung in der verschiedenen
Ländern).
L'intuizione, messa in crisi dalla potente opera di rigorizzazione
nella matematica (Weierstrass, Cantor, Peano), vive nel primo Novecento
un momento magico oltre che in ambito filosofico anche nel campo della
ricerca scientifica, (Brouwer, Poincaré, ...) e diventa argomento di dibattito
anche fra coloro che si occupano dei problemi dell'insegnamento.
La Commissione
Internazionale per l'Insegnamento Matematico, costituitasi in seguito
ai voti espressi a Roma nel 1908 durante il Congresso internazionale dei
matematici, e che vede come delegati dell'Italia Castelnuovo, Enriques
e Vailati, pone fra i temi in discussione quello del ruolo del rigore,
dell'intuizione e dell'esperienza nell'insegnamento medio. Nel 1911 si
costituisce un Comitato Internazionale cui partecipano Austria, Inghilterra,
Francia, Germania, Svizzera, Stati Uniti con l'incarico specifico di investigare
il ruolo dell'intuizione nell'insegnamento della matematica nelle scuole
secondarie; allo scopo viene preparato e inviato un questionario alle
scuole. Il rapporto sull'inchiesta è presentato l'anno seguente da D.E.
Smith sulla rivista L'Enseignement mathématique (Intuition and experiment
in mathematical teaching in the secondary schools, pp. 507-534, tradotto
in parte da G. Castelnuovo sul Bollettino della Mathesis, 1912, pp. 134-139)
da cui emerge come l'intuizione sia maggiormente valorizzata in Austria,
Germania e Svizzera piuttosto che in Inghilterra, Francia e Stati Uniti
e come i temi più dibattuti siano soprattutto l'insegnamento della geometria
e l'introduzione o meno del concetto di funzione.
In Italia il tema è spesso presente, se pur in modo non sempre esplicito,
nei dibattiti dell'Associazione Mathesis, fondata a Torino da Rodolfo
Bettazzi nel 1895. Le riviste, nazionali e internazionali, rivolte agli
insegnanti ospitano articoli e discussioni sul tema (cfr. per es. i due
dibattiti italiani: VAILATI G., L'insegnamento della Matematica nel
primo triennio della Scuola secondaria, Il Bollettino di Matematica,
Anno VI, 1907, pp. 137-146 e B. LEVI, Esperienza e intuizione in rapporto
alla propedeutica matematica. Lettera aperta al prof. Giovanni Vailati,
ivi, pp. 177-186; CATANIA S., Sui metodi di insegnamento della matematica
nelle Scuole medie, Boll. Mathesis, 1913, pp. 142-143 e CASTELNUOVO
G. Osservazioni all'articolo precedente, ibidem, pp. 143-145).e
soprattutto le recensioni di manuali scolastici o di libri e articoli
offrono l'occasione per sostenere l'uno o l'altro punto di vista. Celebre
è la recensione (citata da Segre, p. 111)
di Poincaré ai Grundlagen der Geometrie di Hilbert, dove l'illustre
francese, pur riconoscendo l'importanza dell'opera di Hilbert non esita
a sottolineare come il suo punto di vista " serait funeste dans l'enseignement
et nuisable au developpement des esprits; combien elle serait desséchante
pour les chercheurs, dont elle tarirait promptement l'originalité" (Bull.
Sci. Math., 2, 26, 1902, p. 253). Anche la legislazione scolastica è influenzata
dal dibattito: in Italia la geometria intuitiva è introdotta nel ginnasio
nel 1881, è soppressa nel 1884 su suggerimento di Eugenio Beltrami e reintrodotta
nel 1900 (Cfr. VITA V., I programmi di matematica per le scuole secondarie
dall'unità al 1986. Rilettura storico-critica, Pitagora, Bologna 1986,
pp. 12-24)
Questo dibattito sui metodi da adottarsi nell'insegnamento è legato in
certa misura al diverso approccio dei matematici alla ricerca scientifica.
Non è un caso che L'Enseignement Mathèmatique proponga nel 1902 un'inchiesta
sul metodo di lavoro dei matematici (4, 1902, pp. 208-211) i cui risultati
vengono pubblicati nei tomi 7 (1905) 8 (1906), 9 (1907) e 10 (1908) e
che offre lo spunto per molti articoli sull'invenzione e sull'intuizione.
Fra essi quello celebre di Poincaré (POINCARÉ H., L'invention mathématique,
L'Enseignement Mathèmatique, 10, 1908, pp. 357-371) dove si afferma fra
l'altro:
"Qu'est-ce, en effet, que l'invention mathématique? Elle en consiste pas à faire de nouvelles combinaisons avec des êtres mathématiques déjà connus ... Inventer c'est discerner, c'est choisir ... deviner des harmonies et des relations cachées ... ce travail inconscient n'est fecond que s'il est, d'une part, précédé, et, d'autre part, suivi d'une periode de travail conscient" ( pp. 360-361).
Analogamente Segre:
"[Intuire] significa lo scorgere una verità spontaneamente, senza ragionamenti e senza esperienze, ma è frutto d'incoscienti ragionamenti od esperienze" (p. 15).
Escono in
quel torno di anni anche le Réflexions sur la méthode heuristique
di Hadamard (Revue gén. Sci., 16, 1905, pp. 499-504, p. 64),
l'Initiation mathématique di Laisant (Laisant
1906), La logique et l'intuition en mathématiques di Borel
(Borel 1907), i due volumi Didaktik und Methodik
des Rechnens und der Mathematik di Simon (Simon 1908)
e Der geometrische Anschauungsunterricht di Treutlein (1911, p.
89) come pure i
celebri testi di Klein (Klein, 1907 e 1909)
e quelli di Poincaré La science et l'hypothèse (1902), La valeur
de la science (1905) e Science et méthode (1909) (p. 63).
Libri e articoli, questi, noti a Segre e vicini nei loro assunti alla
sua linea di pensiero, a quel modo di concepire la ricerca scientifica
e l'insegnamento che lo portarono a scontrarsi con Peano (cfr.
Segre e Peano a confronto) e che caratterizzerà la scuola italiana
di geometria algebrica da lui avviata.
Il contributo di Segre alla didattica della matematica
rimane limitato alle lezioni alla scuola di Magistero, ma le sue posizioni
nei confronti dei problemi dell'insegnamento si ritrovano nei suoi allievi
più diretti G. Castelnuovo e F. Severi, che sia come presidenti della
Associazione Mathesis (Castelnuovo
dal 1911 al 1914 e Severi
nel 1909-10), sia attraverso articoli e conferenze, sia ancora (Severi)
scrivendo libri di testo, sosterranno con forza l'importanza nell'insegnamento
elementare di un approccio intuitivo e la necessità di evitare gli acrobatismi
intellettuali e l'anatomizzazione del ragionamento. (cfr. per esempio
G. CASTELNUOVO, Il valore didattico della matematica e della fisica,
Rivista di Scienza, 1, 1907, pp. 329-337 e F. SEVERI, Didattica della
matematica, Enciclopedia delle enciclopedie, Pedagogia, Ferraguti
e C, Modena 1931, pp. 362-370 e Elementi di Geometria, Vallecchi,
Firenze, 1933, vol. I, Prefazione).